Anche perdere gli occhiali è inutile?

Quante volte abbiamo ascoltato la qualunquistica tiritera televisiva che salire una cima sia solo un frutto dell’inutile? Se poi succede qualche sciagura la tiritera diventa un je accuse fondato sulla sicurezza di starsene a casa senza rischiare nulla. Ma in questi giorni chi è che non rischia qualcosa anche stando tra quattro mura domestiche? Da qualche anno anche noi in Italia dobbiamo far fronte a ingravescenti fenomeni catastrofici dovuti allo scatenarsi di forze atmosferiche un tempo conosciute solo sui libri o nei video. Eppure, in questa fantasmagoria di controsensi non ho ancora sentito alcuno proporre scelte drastiche, che so, smantellare qualsivoglia sport di motori, basta formula 1 e moto gp… no, mai; perché non è questo il problema del nostro mondo, devono essere gli altri a cambiare le loro abitudini, mai noi. C’è chi aspetta l’estate per andare in crociera e le navi inquinano abbondantemente, c’è chi gioisce nel vedere le Frecce tricolori sfrecciare in cielo, ma nessuno si pone una domanda se ciò sia utile all’ambiente.

Eppure in questo mondo fatto anche di fenomeni inutili come salire una montagna, esistono momenti che ci vengono regalati da chissà chi, dove ci si accorge che non serve portarsi al cospetto di cime iconiche quando, appena fuori dai luoghi più frequentati, si respira un senso quasi unico di semplice libertà ripulita da schemi ormai logori da tempo.

Gruppo Fanes

Pochi mesi fa ero in montagna e, da solo, me ne andavo a fare un giro verso le Cime di Fanes per sbinocolare una vetta che vorrei salire ma ignorata dai più. Alzi la mano chi è salito sulla Cima Cadin de Fanes: nessuno? Pochi? Quanti? Una vetta ormai dimenticata, quasi un gigante dolomitico addormentato che raggiunge i 2900 mt. con la sua vetta principale e quasi soggiogata tra la battutissima Cima Fanes Sud (2980 mt.) brulicante di ferratisti, e la svettante Torre Fanes (2922 mt.) anch’essa assai silenziosa e riservata ad un’élite di buongustai (ma non ferratisti) a cui non fa schifo scarpinare due o tre ore per portarsi all’attacco di vie firmate da prestigiosi scalatori. La giornata è calda e magnifica.

Il lato da dove sale la normale al Lagazuoi nord

Dalla stazione a monte della funivia del Lagazuoi scendo con davanti lo stupendo scenario del Grande Lagazuoi, irto di vette e pinnacoli e relegato oggi a timido spettatore del via vai escursionistico ai suoi piedi. Proseguo con l’animo leggero di chi conosce i sentieri della zona come le proprie tasche fino alla Forcella Travenanzes e lì giro verso il Gasser Depot. E’ proprio qui che voglio appollaiarmi per guardare la cima a cui sono interessato. I ferratisti passano via veloci nell’orgasmo di ristare in vetta alla Cima Fanes Sud dopo aver percorso l’ormai non più temibile ma sempre aerea Ferrata Tommaselli e neanche si accorgono di quale panoramico balcone tralascino: è proprio qui dal Gasser Depot che si potrebbe stare delle ore a rimirare il grandioso panorama che abbiamo di fronte con uno scenario che corre dalle Cime Fanis Sud e di Mezzo, passa la profonda spaccatura della Selletta Fanis per risalire la dorsale della Cima Cadin di Fanes con a destra l’aguzza Torre e poi giù verso la lunga Val Travenanzes con le Tofane a far da poderoso spalto e poi tante tante altre cime a perdita d’occhio. Qui passa anche parte della storia del nostro paese quando oltre un secolo fa si combatteva aspramente per conquistare pochi metri di terra brulla.

Le Tofane dalla via alla Cima Cadin de Fanes

Dopo aver visitato quel che rimane dei ricoveri austriaci mi porto verso un vicino spalto di roccioni riabboccandomi, tramite un sentierino di guerra, al trafficato sentiero per la ferrata. Mi fermo un momento per dissetarmi e poi mi metto a guardare col binocolo ancor più da vicino la mia cima; ne rimango deluso perché l’ipotetica via di salita sembra un bell’ammasso di perfidi sfasciumi, assai inclinati per giunta, su cui neanche si vede una traccia. Me ne torno indietro sconsolato e, appena a casa, mi accorgo che non ho più nello zaino gli occhiali da vista (sono miope). Che fare? Li tenevo in una custodia rigida grigia come la roccia, possibile che non mi sia accorto? Li avrò persi all’andata, o al ritorno scendendo a piedi dalla Forcella Travenanzes? Non mi rimane che tornare là l’indomani ben sapendo dell’inutilità: andare in montagna allora diventa doppiamente inutile?

Lagazuoi di mezzo (sn.) e Lagazuoi Sud (ds)

Il mattino seguente sono di nuovo a Passo Falzarego ma assai prima che parta il primo giro di funivia. Risalgo a piedi tutta la parte discesa il giorno precedente, facendo caso a dove mi sono fermato per mangiare qualcosa. Invano; non trovo niente. Vado anche al Gasser Depot e sullo spalto di roccioni cercando quello dove ho tirato fuori il binocolo. Ancora nulla. Torno indietro sconsolato e, quasi controvoglia, inforco il sentierino di guerra e chi  ti trovo nel mezzo? I miei occhiali da vista! Non sto quasi nella pelle e, dalla gioia, decido di salire la vicina vetta del Lagazuoi Nord (2804 mt.) per la sua via normale. La conosco bene anche se non è una via del tutto banale, con brevi passaggi su roccia quasi sempre friabile. Dopo mezz’ora mi ritrovo ancora sull’angusta vetta; ho faticato sotto un sole dardeggiante ma sono ancora qui, per la sesta volta e, sfogliando il libro di vetta, trovo le firme mie e dei miei nipoti del 2019. Mi metto a riflettere girando lo sguardo nel tripudio di cime d’attorno e capisco che forse potrebbe essere l’ultima volta che vengo quassù: ho quasi 66 anni e a chi vuoi che interessi più la via normale al Lagazuoi Nord tranne a me? Mi rimetto in cammino scendendo con cautela ma godendomi l’umile semplicità della via normale. Dopo circa mezz’ora mi ritrovo all’attacco: mi tolgo il casco e mi accorgo che dentro una delle tasche dei pantaloni è finito un sassolino: capisco che la montagna mi ha voluto fare un ultimo dono, regalarmi un pezzetto di se, e so adesso che non tornerò più qui. Addio e grazie per il tuo regalo, lo terrò come ricordo di un mondo andato, dove non si guarda alla difficoltà ma al dialogo che si instaura tra noi umani e voi alte vette.

Ecco cos’è l’inutile, un dialogo tra noi e la montagna che… nessun telegiornale potrà mai capire.

Ricoveri al Gasser Depot


Share
Warning: Division by zero in /htdocs/public/www/wp-includes/comment-template.php on line 1415

Lascia un commento